Il mercato dell'usato: un business da 18 miliardi di Euro
Il mercato dell'usato, secondo un'indagine Doxa, vale ben 18 miliardi di Euro l'anno, quasi l'1% del prodotto interno lordo del nostro paese.
Il lancio Ansa è, per molti addetti ai lavori, una gradita conferma.
Quando dissi, in commissione Ambiente al Senato, che il mercato dell'usato si aggirava sui 13/14 miliardi, qualcuno disse che gli sembrava impossibile. Oggi secondo me vale oltre i 20 miliardi e qualcuno dovrebbe parlarne e iniziare a porsi la questione - lo afferma Gianni Perbellini, CEO, fino al 2012, di un'importante franchising nel mondo dell'usato in conto terzi.
Dal contenuto di Ansa sulla second hand economy si ricavano dati veramente interessanti che vi invito a leggere con attenzione.
Diventa quindi impellente iniziare a ragionare, a livello nazionale, sull'importanza del mercato dell'usato in termini economici, occupazionali, e sociali.
Agli operatori dell'usato non solo non viene riconosciuto quell'importante ruolo che oggi hanno a tutti gli effetti, anche e soprattutto come valore ambientale, ma spesso sono addirittura penalizzati.
Ad esempio un operatore dell'usato che opera in conto terzi:
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Non ha un codice Atecofin di riferimento che gli permetta di presentare degli studi di settore tarati per la sua attività;
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Non ha una tabella identificativa di riferimento che gli permetta di pagare il giusto in termini di tariffa per i rifiuti: spesso i comuni equiparano questa attività ad un negozio commerciale tradizionale, non considerando che oltre agli imballi non prodotti, il tipo di attività garantisce un'efficace prevenzione dei rifiuti, direttamente sul territorio locale.
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Pur operando nell'area della prevenzione dei rifiuti, come da direttiva CEE 2008/98 e dalle norme previste dal Piano di Prevenzione che recepisce questa direttiva, non ha un riconoscimento che avvalori il risparmio ambientale generato dall'attività. A titolo esemplificativo il risparmio di un solo negozio Mercatopoli, per il solo reparto di abbigliamento, vale annualmente 109,5 tonnellate di Co2, (considerando l'opzione di smaltimento) al quale vanno sommati altre 18,5 tonnellate di Co2 e 1.835 metri cubi di acqua (considerando il solo cotone come materia prima), per la mancata produzione di prodotti nuovi.
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Sconta un'ulteriore Iva del 22% sulle provvigioni generate dalla vendita di un prodotto che ha già scontato l'iva, al momento dell'acquisto da nuovo.
Gli operatori in conto terzi sono solo una delle realtà del mondo dell'usato, quella più organizzata, che affianca una miriade di operatori (circa 80.000 - fonte Rete Onu), molti dei quali operano nell'informalità, per via di una legislazione farraginosa, poco chiara, estremamente penalizzante e spesso interpretabile.
Basti dire che gli emendamenti a favore degli operatori dell'usato, previsti nella bozza del collegato ambientale, discusso in Commissione Ambiente, pochi giorni fa, sono stati cassati per l'impossibilità di sapere il numero esatto di operatori ai quali erano diretti: visto che non si può sapere quanti siano e chi siano gli operatori dell'usato, non è possibile prevedere alcuna agevolazione.
Non è giunto il tempo, con un mercato pari a 18 miliardi di Euro l'anno, di iniziare a fare un po' di ordine su una questione così importante?
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