Baby mercatino dell'usato: le domande indiscrete
Alcune titolari di negozi dell’usato per bambini, non affiliate al network Baby Bazar, mi hanno chiesto la disponibilità a rispondere ad alcune domande che mi piace definire “indiscrete”. Ho ovviamente colto lo spunto e qui trovate le mie risposte.
Gli argomenti affrontati toccano alcuni punti strategici dell’impostazione del network Baby Bazar e si focalizzano anche sulla concorrenza e su quella che definisco la paura di non farcela. Bando però ai preamboli, ecco le domande "indiscrete" dei baby operatori dell’usato.
Quali sono le ragioni che portano molti Baby Bazar ad aggiungere la vendita di articoli nuovi? Non trovi che inserire articoli di provenienza commerciale in un'attività dedicata al riuso sia eticamente incompatibile, generando tra l’altro un netto aumento del rischio di impresa?
Di norma consigliamo ai negozi Baby Bazar di introdurre la vendita di alcune tipologie di articoli di provenienza commerciale, complementari rispetto al mondo dell’usato, dopo almeno un anno dall’inizio dell’attività. Penso che i titolari di negozi Baby Bazar abbiano infatti la capacità, abbastanza unica, di creare un rapporto empatico e di estrema fiducia con le loro clienti mamme. Perché non sfruttare quindi la pedonabilità del negozio e proporre alle stesse clienti, articoli che comprerebbero comunque da qualche altra parte? Parlo di articoli che solitamente sono irreperibili nel mondo dell’usato: pannolini, intimo, puericultura leggera, ecc. Se, ad esempio, un negozio vende giocattoli a batterie, secondo me ha parecchio senso proporre le batterie in abbinata al giocattolo, magari con una proposta green come la batteria ricaricabile.
Ritengo che con questa impostazione ci siano molti vantaggi e qualche rischio. Il vantaggio principale è quello di completare l’offerta del negozio: questo agevola anche la vendita dei prodotti di seconda mano. Ovviamente l’articolo di provenienza commerciale deve essere sinergico e in linea con la filosofia del negozio. Il rischio è quello di prenderci la mano e spostare il focus del negozio verso il nuovo che stravolgerebbe l’idea di base e lo porterebbe verso il baratro. Ricordiamoci che Baby Bazar funziona bene perché tanti venditori si rivolgono al negozio per vendere il proprio usato: ridurre drasticamente l'usato sarebbe sicuramente deleterio. Non ritengo inoltre che il rischio d’impresa sia particolarmente più elevato dal momento che l’introduzione del nuovo è pianificata nel dettaglio, per il singolo negozio, e viene comunque data priorità alla creazione di profonde relazioni con i propri clienti.
Il network Baby Bazar in questo campo si sta muovendo molto bene: abbiamo dato il via ad un progetto specifico, destinando una persona dello staff alla creazione di importanti sinergie. Il nostro obiettivo è quello di creare un catalogo di prodotti che completino l’offerta secondhand, per arrivare a proporre alcuni prodotti strategici in private label, quindi con il marchio Baby Bazar.
Sono nate tantissime community di scambio per mamme, mercatini organizzati nelle scuole, swap-party organizzati da mamme nei parchi alla domenica mattina, gruppi di scambio su Facebook. Oramai sono all'ordine del giorno e rosicchiano il nostro business. Quale è secondo te la ricetta di sopravvivenza per i baby mercatini?
Una delle cose più importanti che ho imparato negli anni è quella che se non si può combattere un fenomeno sia necessario cavalcarlo. L’opportunità da cogliere è quindi quella di partecipare a queste community e diventarne il catalizzatore, l’organizzatore o il promotore. E’ quindi necessario censire queste attività nella propria zona ed iniziare ad investire le proprie energie per trasformare ciò che potrebbe sembrare concorrenza "sleale" in opportunità pubblicitarie low-cost.
Organizzare uno swap party per le mamme e utilizzare i gruppi su Facebook per promuoverlo potrebbe essere un buon sistema per organizzare un evento a basso costo, ad alto impatto di passaparola e soprattutto efficace per pubblicizzare il proprio negozio.
Quanti Baby Bazar hanno aperto negli ultimi tre anni? Di questi quanti sono quelli che hanno chiuso? Quanti sono in difficoltà?
Gestire un negozio Baby Bazar, dall’esterno sembra facile ma quando lo apri ti accorgi che il lavoro è molto impegnativo e soprattutto che le spese sono molte e praticamente tutte indispensabili. Probabilmente la crisi ha portato anche meritocrazia: una volta bastava aprire un qualsiasi negozio per lavorare bene, oggi bisogna essere imprenditori attenti. Per tornare al succo della domanda, dal 1° agosto 2010 – quindi negli ultimi tre anni – abbiamo aperto 38 negozi Baby Bazar e, all’appello, ne mancano tre: Empoli si è trasferito in un negozio troppo piccolo e non gli abbiamo concesso il marchio, proseguendo quindi l’attività come baby mercatino autonomo; Quartu Sant’Elena ha chiuso dopo meno di un anno dall’apertura, principalmente perché non ha ricevuto un finanziamento già deliberato, Borgo San Lorenzo ha voluto cogliere un’opportunità professionale inaspettata.
Nell’ultimo anno abbiamo aumentato i criteri di selezione degli affiliati cercando di puntare su location e candidati con ragionevoli possibilità di successo. Non abbiamo una ricetta infallibile per il successo, però Baby Bazar può contare su uno staff di 15 persone che s’impegnano al massimo per aumentare considerevolmente le possibilità di riuscita. Ci sono negozi che funzionano alla grande come ci sono negozi che funzionano meno, come in tutti i settori. Come ci sono negozi che seguono il network in tutto e per tutto e altri che fanno un po' di testa loro, indipendentemente dai risultati prospettati e ottenuti.
Come vedi l’evoluzione dei baby mercatini dell’usato, nei prossimi anni? Cosa pensi dei concorrenti di Baby Bazar?
Vedo un’evoluzione dei gruppi in network franchising e un arretramento dei negozi autonomi. Con un investimento di importo variabile dai 700 ai 2.000 Euro l’anno, un negozio può oggi decidere di far parte di un network che può garantirgli, in misura diversa: formazione, visibilità su internet, pubblicità nazionale, assistenza, monitoraggio e servizi extra.
A mio parere, in un prossimo futuro, lavoreranno molto di più i network di negozi che saranno in grado di essere trasparenti, che erogheranno ai loro clienti servizi di valore realmente percepibile, che porteranno il cliente al centro della loro attenzione, che sapranno attivare sinergie e alleanze.
La concorrenza di Baby Bazar se vorrà mantenere il passo – e non parlo solo di negozi attivati, quanto dei risultati che i singoli negozi sapranno raggiungere - dovrà investire molto nel proprio staff, nella tecnologia, nella formazione e nei servizi. Dovrà capire le esigenze di ogni singolo negozio, portare i suoi panni, scontrarsi con le dinamiche quotidiane dei titolari considerando che gestire direttamente un negozio e gestire un network sono due lavori profondamente diversi, spesso incompatibili tra loro, per evidenti questioni di tempo. Perlomeno questo è quello che stiamo facendo noi, ogni giorno.
La tua azienda realizza un business plan per ogni Baby Bazar in progetto di apertura. In questo documento sono ben catalogati e spiegati i costi, mentre sui ricavi ci sono dati ipotetici piuttosto alti, giudicati spesso irraggiungibili. Quanti sono i negozi Baby Bazar che raggiungono i risultati previsti?
I risultati prefissati nel business plan sono raggiungibili se l’investimento pubblicitario previsto viene rispettato ed è vero, non sono molti quelli che li raggiungono nei tempi previsti. La questione che ci stiamo ponendo con urgenza è quella di capire perché molti affiliati, pur accettando di buon grado un business plan dove viene previsto - per il primo anno - il raggiungimento di un risultato mensile di 10/11.000 Euro, a fronte di un investimento pubblicitario - per il primo anno - di 13/15.000 Euro, non intendono poi sostenere quell’investimento e si accontentano di risultati inferiori.
Per la mia esperienza risulta evidente che la difficoltà nel raggiungimento dei risultati previsti non è legata agli importi previsti, quanto alle modalità per raggiungerli che risultano sicuramente impegnative. Il grande equivoco, a mio parere, è la credenza da parte di molti che avviare un baby mercatino sia poco costoso e che sia necessario ridurre all’osso le spese. Così facendo il primo limite, nel raggiungimento dei risultati prefissati, se lo crea l’imprenditore stesso.
Hai mai sconsigliato a qualcuno di aprire un baby mercatino perché ritenevi la persona non adatta al tipo di lavoro? Oppure ritieni che sia più importante una giusta location?
La prima cosa è la persona. Quando incontro un candidato affilato ho una grande responsabilità: quella di capire se la persona che ho di fronte ha delle possibilità di svolgere con successo l’attività. Se la persona non mi convince decido di non affidarle il marchio; se vuole comunque aprire la invito a farla come baby mercatino autonomo. Capisco che una scelta di questo tipo può essere considerata classista e mi rendo conto anche di fare degli errori. Però ripeto sempre, come un mantra, che se da una parte c’è la reputazione di un marchio, dall’altra c’è una persona che, se non è adatta, può trovarsi in gravi difficoltà nella gestione dell’attività.
La seconda cosa è il locale. Scarto quelli che non mi convincono e so bene che quando scarto un locale rischio di perdere l’affiliato. Per anni sono stato combattuto sull’eventualità di farmi andar bene un locale che bene non va e oggi mi rendo conto, avendo sbagliato molte volte, che il locale è troppo importante per poter accettare un compromesso.
Ovviamente queste convinzioni le ho maturate con il tempo e con l’esperienza. Mi rendo conto di aver sbagliato molto, in passato. Poi mi dico che l’esperienza è il nome che diamo alla somma dei nostri errori.
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